Centoventi anni fa, esattamente il 12 ottobre 1887, nasceva 
  nella città di Barletta il servo di Dio mons. Angelo 
  Raffaele Dimiccoli. Per questa felice ricorrenza, mercoledì 
  10 ottobre un folto numero di fedeli della 
  Prepositura Curata di San Giacomo Maggiore e del GAV 
  (GRUPPO ASSISTENZA VOLONTARI MONS. DIMICCOLI che, dietro 
  gli esempi del nostro santo sacerdote, da ormai 
  vent’anni presta la sua disinteressata e benefica opera 
  di assistenza presso l’Ospedale civile di Barletta, intestato 
  allo stesso Servo di Dio), si recherà in pellegrinaggio 
  presso la tomba degli apostoli Pietro e Paolo, per 
  essere confermato nella fede, e parteciperà all’Udienza 
  generale del Santo Padre Benedetto XVI. 
  Il ricordo della nascita di mons. Dimiccoli ci riporta 
  immediatamente al grande valore della famiglia. Infatti, 
  se questo santo sacerdote ha raggiunto una così elevata 
  statura di vita cristiana e sacerdotale, buona parte 
  va attribuita ai valori umani e cristiani ricevuti in famiglia. 
  A riguardo di essa così afferma la signora Grazia 
  Lombardi, pronipote di mons. Dimiccoli, nella deposizione 
  processuale del 27 giugno 1996: “La famiglia del 
Servo di Dio era molto religiosa, tutti i giorni si recitava la corona intera del santo Rosario 
                    dinanzi al quadro della Madonna 
                    dello Sterpeto che tuttora 
                    conservo io. Il padre Francesco 
                    era molto severo e giusto in ogni 
                    cosa ma, come la moglie, mia bisnonna, 
                    era molto buono e generoso. 
                    Queste caratteristiche ha 
                    ereditato il Servo di Dio e anche 
                    la mia nonna Maria: fermi in 
                    ogni cosa, ma nello stesso tempo 
                    amabili, e anche se ti dovevano 
                    rimproverare ti facevano comprendere 
                    il giusto e quindi, se si 
                    era riflessivi, si accettava con 
                    sottomissione. Era di famiglia 
                    contadina, avevano un po’ di 
                    campagna, quindi erano di condizione 
                    media, ma soprattutto 
                    erano grandi lavoratori. 
                    In quella 
                    casa non c’era spreco o sciatteria, 
                    si sapeva ben custodire il 
                    frutto del proprio lavoro e spenderlo 
                    al momento giusto. La famiglia 
                    era composta da 8 figli, 
                    l’ultimo fu don Raffaele; ne sopravvissero 
                    tre: Maria, Agostino e Angelo Raffaele. Prima di lui 
                    altri due ne morirono che avevano 
                    il suo stesso nome, tant’è 
                    vero che in famiglia non si voleva 
                    dare quel nome ma la mamma 
                    Concetta insistette. Come accennato, 
                    i suoi genitori erano religiosissimi 
                    e tale educazione 
                    diedero ai loro figli, unita a severità 
                    e rettitudine”. 
                    Fin dai primi tempi fu 
                    grande desiderio di sua madre 
                    che il piccolo Raffaele un 
                    giorno divenisse sacerdote, 
                    per questo pronunciava continuamente 
                    la seguente preghiera: 
                    “Signore, fa che questo 
                    mio figlio sia casa e chiesa e salvatore 
                    di anime!”. 
                    Don Raffaele fu battezzato 
                    il 22 ottobre nella parrocchia 
                    di San Giacomo Maggiore 
                    dove in seguito ricevette la 
                    formazione catechistica e maturò 
                    la vocazione sacerdotale. 
                    Oltre all’ambiente familiare, 
                    il suo saldo punto di riferimento 
                    fu la parrocchia, specie 
                    l’Oratorio San Filippo Neri 
                    fondato e diretto dal 
                    viceparroco don Giuseppe M. 
                    Balestrucci, uomo colto e di 
                    grande pietà, ricercato direttore 
                    di spirito. Nel clima gioioso 
                    dell’oratorio parrocchiale 
                    il piccolo Raffaele trovò 
                    l’habitat educativo più adatto 
                    per crescere armonicamente 
                    con i suoi amici e, come 
                    spesso si riscontra in altre figure 
                    del tempo, tra i giochi 
                    preferiti non mancò il dir 
                    Messa che per lui ebbe valore 
                    di presagio per il futuro. 
                    Conseguita la licenza elementare 
                    Raffaele confidò a 
                    sua madre il desiderio di divenire 
                    sacerdote; per tale confidenza 
                    quella pia donna gioì 
                    immensamente, scorgendo 
                    che il Signore andava esaudendo 
                    la sua incessante preghiera. 
                    Così Raffaele il 7 ottobre 
                    1898 entrò in Seminario 
                    presso la Scuola Apostolica 
                    dei Signori della Missione di 
                    Ceccano (Fr) per dare inizio 
                    agli studi ginnasiali. 
                    Il 7 dicembre dello stesso 
                    anno, vigilia della solennità 
                    dell’Immacolata Concezione 
                    della Beata Vergine Maria (di 
                    cui era molto devoto), fece la 
                    vestizione clericale. A distanza 
                    di un anno passò a Roma 
                    per continuare gli studi e vi 
                    rimase per tre anni, per poi 
                    tornare in Diocesi presso il 
                    Seminario di Bisceglie. Nel 
                    1908 entrò con altri suoi amici 
                    nel Collegio Argento di 
                    Lecce, sede del primo Seminario Regionale d’Italia, istituzione 
                    voluta dal pontefice 
                    san Pio X per una maggiore 
                    preparazione del futuro clero. 
                    Il 30 luglio 1911 fu ordinato 
                    sacerdote dall’arcivescovo 
                    mons. Francesco Paolo 
                    Carrano, nella chiesa di San 
                    Giovanni in Trani. 
                    Primo campo di apostolato 
                    fu l’estesa parrocchia di 
                    San Giacomo Maggiore di 
                    Barletta, affiancando il prevosto 
                    don Balestrucci, suo 
                    maestro e guida, il quale, conoscendo 
                    le sue brillanti qualità 
                    di ingegno e di cuore, gli affidò la direzione dell’oratorio 
                    parrocchiale “San Filippo 
                    Neri”, la scuola catechistica e 
                    la preparazione dei catechisti. 
                    Da questo momento il Servo 
                    di Dio salì sempre più in alto 
                    facendosi apprezzare dai piccoli 
                    e dagli adulti, nonché dai 
                    superiori e dai suoi confratelli 
                    sacerdoti. Da subito attorno a 
                    lui cominciarono a fiorire le 
                    prime vocazioni sacerdotali e religiose e il numero 
                    dei membri 
                    oratoriani crebbe 
                    enormemente tanto 
                    che gli spazi 
                    della parrocchia 
                    divennero incapaci 
                    di contenere un 
                    tale fenomeno. Fu 
                    così che per ispirazione 
                    divina pensò 
                    ad altri lidi. Nel 
                    1924 fondò in una 
                    zona periferica e a 
                    rischio della città 
                    il “Nuovo Oratorio 
                    San Filippo Neri per 
                    la redenzione dell’infanzia 
                    abbandonata” 
                    che divenne 
                    la sua gloria e il 
                    suo vanto. Qui, 
                    con grande senso 
                    di responsabilità e 
                    di dedizione amorosa, 
                    visse per tutto il resto 
                    della sua vita: “di giorno in 
                    giorno, di ora in ora il tormento 
                    della sete delle anime, con tutti 
                    gli slanci e le industrie dello zelo, 
                    le affannose pene delle difficoltà 
                    insidiose e contrastanti, dei volgari 
                    e sfidanti rifiuti, anche nei 
                    pericoli più difficili e pericolosi 
                    per la vita dell’Oratorio…” (dal 
                    suo testamento spirituale). 
                    Per comprendere la portata 
                    di questa grande figura sacerdotale, 
                    gloria e vanto del 
                    sacerdozio cattolico, rileggiamo 
                    quanto scritto dall’arcivescovo 
                    mons. Reginaldo Giuseppe 
                    Maria Addazi a conclusione 
                    della lettera rivolta 
                    al clero di Barletta, datata al 5 maggio 1956, in occasione 
                    del Trigesimo di morte del 
                    Servo di Dio: “Venerabili fratelli, 
                    Dio non cessa dal suscitare 
                    nella sua Chiesa i Santi, perché, 
                    oltre all’azione diretta che essi 
                    esercitano sulle anime, noi avessimo 
                    l’esempio vivo, immediato, 
                    aderente alla nostra natura, di 
                    virtù cristiane esercitate con 
                    eroica semplicità. Guardiamo a 
                    mons. Dimiccoli, imitiamolo, seguiamone 
                    le orme e saremo degni 
                    Ministri di Dio. E con serenità 
                    di spirito ci avvicineremo al 
                    nostro ultimo giorno terreno, 
                    fidenti nella misericordia del Signore”.
                  Don Sabino Amedeo Lattanzio
                
                    Postulatore diocesano