n. 4 Ottobre-Dicembre 2007 - Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie
     
 
Periodico trimestrale d'informazione sulle Cause di Canonizzazione del Servo di Dio sac. Raffaele Dimiccoli e del Servo di Dio sac. Ruggero Caputo
 

Ricorrono centovent’anni della nascita del servo di Dio
MONS. ANGELO RAFFAELE DIMICCOLI

Centoventi anni fa, esattamente il 12 ottobre 1887, nasceva nella città di Barletta il servo di Dio mons. Angelo Raffaele Dimiccoli. Per questa felice ricorrenza, mercoledì 10 ottobre un folto numero di fedeli della Prepositura Curata di San Giacomo Maggiore e del GAV (GRUPPO ASSISTENZA VOLONTARI MONS. DIMICCOLI che, dietro gli esempi del nostro santo sacerdote, da ormai vent’anni presta la sua disinteressata e benefica opera di assistenza presso l’Ospedale civile di Barletta, intestato allo stesso Servo di Dio), si recherà in pellegrinaggio presso la tomba degli apostoli Pietro e Paolo, per essere confermato nella fede, e parteciperà all’Udienza generale del Santo Padre Benedetto XVI. Il ricordo della nascita di mons. Dimiccoli ci riporta immediatamente al grande valore della famiglia. Infatti, se questo santo sacerdote ha raggiunto una così elevata statura di vita cristiana e sacerdotale, buona parte va attribuita ai valori umani e cristiani ricevuti in famiglia. A riguardo di essa così afferma la signora Grazia Lombardi, pronipote di mons. Dimiccoli, nella deposizione processuale del 27 giugno 1996: “La famiglia del Servo di Dio era molto religiosa, tutti i giorni si recitava la corona intera del santo Rosario dinanzi al quadro della Madonna dello Sterpeto che tuttora conservo io. Il padre Francesco era molto severo e giusto in ogni cosa ma, come la moglie, mia bisnonna, era molto buono e generoso. Queste caratteristiche ha ereditato il Servo di Dio e anche la mia nonna Maria: fermi in ogni cosa, ma nello stesso tempo amabili, e anche se ti dovevano rimproverare ti facevano comprendere il giusto e quindi, se si era riflessivi, si accettava con sottomissione. Era di famiglia contadina, avevano un po’ di campagna, quindi erano di condizione media, ma soprattutto erano grandi lavoratori.
In quella casa non c’era spreco o sciatteria, si sapeva ben custodire il frutto del proprio lavoro e spenderlo al momento giusto. La famiglia era composta da 8 figli, l’ultimo fu don Raffaele; ne sopravvissero tre: Maria, Agostino e Angelo Raffaele. Prima di lui altri due ne morirono che avevano il suo stesso nome, tant’è vero che in famiglia non si voleva dare quel nome ma la mamma Concetta insistette. Come accennato, i suoi genitori erano religiosissimi e tale educazione diedero ai loro figli, unita a severità e rettitudine”. Fin dai primi tempi fu grande desiderio di sua madre che il piccolo Raffaele un giorno divenisse sacerdote, per questo pronunciava continuamente la seguente preghiera: “Signore, fa che questo mio figlio sia casa e chiesa e salvatore di anime!”. Don Raffaele fu battezzato il 22 ottobre nella parrocchia di San Giacomo Maggiore dove in seguito ricevette la formazione catechistica e maturò la vocazione sacerdotale. Oltre all’ambiente familiare, il suo saldo punto di riferimento fu la parrocchia, specie l’Oratorio San Filippo Neri fondato e diretto dal viceparroco don Giuseppe M. Balestrucci, uomo colto e di grande pietà, ricercato direttore di spirito. Nel clima gioioso dell’oratorio parrocchiale il piccolo Raffaele trovò l’habitat educativo più adatto per crescere armonicamente con i suoi amici e, come spesso si riscontra in altre figure del tempo, tra i giochi preferiti non mancò il dir Messa che per lui ebbe valore di presagio per il futuro. Conseguita la licenza elementare Raffaele confidò a sua madre il desiderio di divenire sacerdote; per tale confidenza quella pia donna gioì immensamente, scorgendo che il Signore andava esaudendo la sua incessante preghiera. Così Raffaele il 7 ottobre 1898 entrò in Seminario presso la Scuola Apostolica dei Signori della Missione di Ceccano (Fr) per dare inizio agli studi ginnasiali. Il 7 dicembre dello stesso anno, vigilia della solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria (di cui era molto devoto), fece la vestizione clericale. A distanza di un anno passò a Roma per continuare gli studi e vi rimase per tre anni, per poi tornare in Diocesi presso il Seminario di Bisceglie. Nel 1908 entrò con altri suoi amici nel Collegio Argento di Lecce, sede del primo Seminario Regionale d’Italia, istituzione voluta dal pontefice san Pio X per una maggiore preparazione del futuro clero. Il 30 luglio 1911 fu ordinato sacerdote dall’arcivescovo mons. Francesco Paolo Carrano, nella chiesa di San Giovanni in Trani. Primo campo di apostolato fu l’estesa parrocchia di San Giacomo Maggiore di Barletta, affiancando il prevosto don Balestrucci, suo maestro e guida, il quale, conoscendo le sue brillanti qualità di ingegno e di cuore, gli affidò la direzione dell’oratorio parrocchiale “San Filippo Neri”, la scuola catechistica e la preparazione dei catechisti. Da questo momento il Servo di Dio salì sempre più in alto facendosi apprezzare dai piccoli e dagli adulti, nonché dai superiori e dai suoi confratelli sacerdoti. Da subito attorno a lui cominciarono a fiorire le prime vocazioni sacerdotali e religiose e il numero dei membri oratoriani crebbe enormemente tanto che gli spazi della parrocchia divennero incapaci di contenere un tale fenomeno. Fu così che per ispirazione divina pensò ad altri lidi. Nel 1924 fondò in una zona periferica e a rischio della città il “Nuovo Oratorio San Filippo Neri per la redenzione dell’infanzia abbandonata” che divenne la sua gloria e il suo vanto. Qui, con grande senso di responsabilità e di dedizione amorosa, visse per tutto il resto della sua vita: “di giorno in giorno, di ora in ora il tormento della sete delle anime, con tutti gli slanci e le industrie dello zelo, le affannose pene delle difficoltà insidiose e contrastanti, dei volgari e sfidanti rifiuti, anche nei pericoli più difficili e pericolosi per la vita dell’Oratorio…” (dal suo testamento spirituale). Per comprendere la portata di questa grande figura sacerdotale, gloria e vanto del sacerdozio cattolico, rileggiamo quanto scritto dall’arcivescovo mons. Reginaldo Giuseppe Maria Addazi a conclusione della lettera rivolta al clero di Barletta, datata al 5 maggio 1956, in occasione del Trigesimo di morte del Servo di Dio: “Venerabili fratelli, Dio non cessa dal suscitare nella sua Chiesa i Santi, perché, oltre all’azione diretta che essi esercitano sulle anime, noi avessimo l’esempio vivo, immediato, aderente alla nostra natura, di virtù cristiane esercitate con eroica semplicità. Guardiamo a mons. Dimiccoli, imitiamolo, seguiamone le orme e saremo degni Ministri di Dio. E con serenità di spirito ci avvicineremo al nostro ultimo giorno terreno, fidenti nella misericordia del Signore”.

Don Sabino Amedeo Lattanzio
Postulatore diocesano

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