n. 2 Aprile-Giugno 2006 - Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie
     
 
Periodico trimestrale d'informazione sulle Cause di Canonizzazione del Servo di Dio sac. Raffaele Dimiccoli e del Servo di Dio sac. Ruggero Caputo
 

Intervento di Sua Ecc.za
Mons. Giovan Battista Pichierri

nella sessione di chiusura dell’Inchiesta diocesana

Carissimi ministri ordinati, vita consacrata, fedeli laici cristiani, nel contesto solenne della celebrazione dei Vespri della festa liturgica dell’apostolo Giacomo il maggiore, siamo radunati per celebrare l’ultima Sessione dell’Inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità del servo di Dio don Ruggero Caputo, in questa storica basilica di Santa Maria Maggiore di Barletta che, settant’anni or sono, proprio in questo giorno, fu spettatrice dell’ordinazione presbiterale dello stesso Servo di Dio. Tale Inchiesta è stata aperta appena un anno fa, il 1° maggio 2006.
In questo breve lasso di tempo sono stati raccolti con scrupolosità tutti i documenti e soprattutto sono stati escussi 85 testimoni, i quali, grazie alle loro deposizioni, ci hanno fatto conoscere con maggiore vivezza e in tutte le loro sfaccettature luminose e nascoste, le virtù e le opere di don Caputo.
La sua santità scaturisce dalla consapevolezza che “Dio è amore” (1Gv 4,8) e che Dio riversa Se stesso negli uomini attraverso il Suo figlio Gesù, perché essi, a loro volta, accorgendosi di essere amati, possano contraccambiarlo amandolo. Uno dei segni più espliciti con cui il Figlio di Dio manifesta l’amore Trinitario agli uomini è la santissima Eucaristia, il sacramentum Caritatis, grazie al quale noi ci nutriamo, mangiando il corpo e il sangue di Gesù, pane vivo disceso dal cielo.
Fin dall’infanzia don Ruggero Caputo ricevette dal Signore l’intelligenza di comprendere il sommo dono racchiuso in questo “Misterium magnum”, tanto che definiva la sua “una vocazione eucaristica”.
Anche per tutto il resto della sua vita Gesù, presente nell’Eucaristia, fu il suo faro luminoso per ritrovare la rotta sicura nel buio delle vicende burrascose in cui veniva a trovarsi, talvolta rischiando di perdersi.
Gesù eucaristia! Bastava ricordargli questa presenza che le corde del suo cuore vibravano di amore incontenibile.
Quanti qui presenti ricordano ancora la celebrazione della sua Messa!
Quanti hanno ancora dinanzi agli occhi l’atteggiamento estatico che assumeva dinanzi al Tabernacolo e nell’impartire la Benedizione Eucaristica! Don Ruggero professò fino all’ultimo la sua fede e il suo amore incrollabile verso il Santissimo Sacramento dell’Altare: “Tu piccolo Prete hai sposato in modo particolare il SS. Sacramento, la vita di Gesù Sacramentato che è vita di preghiera, di adorazione, di contemplazione, di riparazione.
La tua vocazione è nata nell’adorazione, è germogliata nel calore dolce e intimo del SS. Sacramento.
È una grazia molto alta, è ‘la parte migliore’, è l’ufficio della Madonna, di san Giuseppe, degli Angeli” (dai suoi appunti spirituali del 28-29 febbraio 1976).
Anche le ultime parole consegnateci pochi giorni prima che lasciasse questa terra per il cielo furono tutte di amore eucaristico: “Gesù sin dalle viscere di mia madre mi ha scelto e ha voluto che la mia eredità fosse la Sua Presenza Reale nel SS. Sacramento. Questo lo dice l’episodio della mia infanzia: una mezzanotte a dormire presso la Santa Custodia. Di più l’attrattiva che ho sentito di stare in ginocchio presso il SS. Sacramento e sin dai primi anni del mio Sacerdozio di più ancora Gesù mi ha sposato nel SS. Sa cramento e io ho sposato Gesù nel SS. Sacramento. Il SS. Sacramento è la mia eredità, la mia sorte, la mia fortuna, la mia ricchezza, tutta la vita mia. Oggi nella grazia della Pentecoste, sotto i raggi dei sette doni dello Spirito Santo, Gesù ha voluto rinnovare questo suo sposalizio con me. E lo abbiamo rinnovato.
Non c’era momento e Tabernacolo migliore del mio letto di sofferenze…” (25 maggio 1980).
Don Caputo, alla pari dell’apostolo Giacomo, fu testimone e inviato di Cristo. Il “figlio di Zebedeo” fu pescatore,
ma Gesù lo chiamò a un’altra pesca ed egli con prontezza rispose divenendo da quel momento in poi “pescatore di uomini” (cfr Mc 1,17). Don Ruggero fu contadino, ma a un certo momento della sua vita, negli anni della prima giovinezza, quando ogni uomo decide il proprio futuro e segue i propri ideali di vita, sentì fortemente la chiamata del Maestro che lo invitava a “lavorare nella sua vigna”. E lui, dopo aver tanto pensato ed essersi consultato con la sua mamma e con il suo direttore di spirito, il Servo di Dio don Raffaele Dimiccoli, decise di “lasciare la zappa e prendere carta e penna per seguire il Signore”.
Come seguirlo, dove andare, cosa fare? Gesù taglia corto dicendo a chi vuol seguirlo: “Vieni e vedrai” (cfr Gv 1,38-39). Solo conoscendo Gesù direttamente, facendo esperienza viva di Lui vivo lo si può amare e, di conseguenza, seguire senza remore. Per poter essere inviati dal Signore occorre, infatti, stabilire con Lui un rapporto personale.
Su questo aspetto l’evangelista Marco è molto puntuale e, parlando della chiamata degli Apostoli da parte di Gesù, dice: “Ne costituì dodici che stessero con lui”; e, poi, continua: “e anche per mandarli a predicare” (Mc 3, 14-15).
La preghiera era il forte del Servo di Dio don Caputo.
Egli amava andare con il passo ponderato per non camminare inutilmente e a vuoto.
Prima dell’azione in lui c’era l’orazione e la riflessione, per questo la sua fu una vita riuscita e realizzata. “Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!”, disse l’apostolo Pietro a Gesù che lo aveva appena scosso dalle sue perplessità umane. Queste stesse parole tante volte le ripetè anche don Ruggero, soprattutto nei momenti di “notte oscura” che non mancaronomai nel corso della sua vita.
Anche in questo egli fu accomunato alla sorte dell’apostolo Giacomo che bevve al calice amaro della Passione.
La mistica non è un teorema, né una formula standard di approccio al divino, ma è la continua verità del Verbo in carnato, dell’incontro e dell’assenza tra il divino e l’umano, del bacio e della notte, della purificazione dolorosa e della nuova nascita. Don Ruggero, in occasione del Natale 1970, scrivendo alla sua giovane novizia, suor
Rosaria Balestrucci, esprimeva molto bene questo concetto:
“Tu ora sei nella primavera della tua vocazione e corri come un capriolo leggero, veloce; poi verrà l’estate. Il sole Divino, penso, ti brucerà e ti farà più matura e pensosa e anche più aperta agl’interessi dell’Infinita
Misericordia. Ma stai attenta, mia piccola gazzella, verrà anche l’autunno e forse anche l’inverno e allora Gesù ti lascerà sola sotto il freddo e la pioggia e l’imperversare della tempesta; e tu, tutta intirizzita e bagnata, ti
domanderai e domanderai come la sacra sposa: ‘Numquid vidistis, quem diligit anima mea?’. […] (vedi: Cantica 3,3/1,7). La risposta nessuna creatura te la potrà dare, ti potranno più o meno aiutare in qualche modo, ma la risposta la troverai rifugiandoti ai piedi del Tabernacolo e la troverai nello spogliamento di tutto, devi espropriarti di tutti, sei nulla e devi metterti nel nulla di tutto e allora il sole Eucaristico ti riscalderà ecc. È un linguaggio difficile questo, io stesso che te lo scrivo non ne capisco nulla. Non solo difficile, ma terribile. Comunque tu ora, mia cara figliuola, sei lontana da queste stagioni rigide. Però un po’ di queste stagioni invernali mi pare che già ne hai provate ed è giusto che dopo l’inverno tu goda questa dolce primavera della tua vita religiosa. Tu hai scritto: ‘Scio cui credidi’ ed è questo amabile ‘scio’ che ci fa da guida nelle inevitabili
prove e vicende della vita”.
Don Ruggero Caputo non fece mai programmi, mai progettò il futuro perché come Maria Santissima, sua dolcissima Madre, aveva consegnato a Dio tutto se stesso: “Eccomi, fa di me ciò che hai predisposto” (cfr Lc 1,38). Pur sentendosi “servo inutile”, visse sempre nella consapevolezza di essere al servizio del Padrone che non chiama i suoi sudditi “servi ma amici” (Gv 15,15). A chi gli metteva dinanzi l’abbondanza di vocazioni alla vita religiosa e sacerdotale da lui suscitate, egli rispondeva con grande confusione e meraviglia: “È stata tutta opera di Dio che sceglie le cose più piccole e insignificanti per manifestare la Sua grandezza!”.
Egli nei suoi quarantatrè anni di sacerdozio non si preoccupò solo di suscitare vocazioni di speciale consacrazione, ma fu anche padre di una moltitudine di fedeli laici che con la loro verace testimonianza di vita cristiana divennero fermento nella società.
Supportato dal testo sacro dell’Apocalisse, che dichiara la santità non come qualcosa riguardante pochi eroici personaggi dalla vita straordinaria, non riservata ad una cerchia ristretta di persone, don Caputo era fermamente convinto che la chiamata alla santità è rivolta a una moltitudine immensa, e quindi, un impegno per tutti i credenti. Per questo ebbe il coraggio di proporla a tutti: “perché Cristo ci ama e ci vuole tali”. Così recita il Catechismo della Chiesa Cattolica al numero 2014: “Il progresso spirituale tende all’unione sempre più intima con Cristo. Questa unione si chiama ‘mistica’, perché partecipa al mistero di Cristo… e in Lui, al mistero della Santissima Trinità. Dio ci chiama tutti a questa intima unione con lui, anche se soltanto ad alcuni sono concesse grazie speciali o segni straordinari di questa vita mistica, allo scopo di rendere manifesto il dono gratuito fatto a tutti”. Questa reinterpretazionedella fede cristiana,come chiamata universale allavita mistica, è la stessa mistica del quotidiano inculcata da don Ruggero Caputo nel profondo dell’essere di coloro che diresse sulla via della perfezione evangelica.
Il Servo di Dio, dunque, fu un amministratore fedele e saggio. Posto a capo della sua famiglia (cfr Lc 12,42) la nutrì e custodì con grande generosità e instancabile carità pastorale fino alla fine.
Negli ultimi tempi, sentendo venir meno le forze, avvertiva che, dopo aver combattuto la buona battaglia e conservato la fede, stava giungendo anche per lui il tempo di sciogliere le vele (cfr 2 Tm 4,7) e che stava terminando la sua corsa. Morì il 15 giugno 1980, pianto da tutti coloro che avevano attinto all’abbondanza del suo cuore sacerdotale. Ma quel pianto subito si trasformò in gioia, illuminato dalla certezza che egli era andato a ricevere dal Signore la corona di giustizia (cfr 2 Tm 4,8).
Sorelle e fratelli carissimi, questi sono i santi! Sappiamo riconoscerli e soprattutto sappiamo imitarli e, anche per noi, il passo dalla terra al cielo sarà breve.
Mentre oggi chiudiamo questa fase importante della Causa di Beatificazione e Canonizzazione del servo di Dio don Ruggero Caputo, chiediamo al Padre, datore di ogni bene e fonte inesauribile di santità che ci dia un po’ dello spirito di questo impareggiabile presbitero, uno dei più bei frutti della nostra Chiesa diocesana, affinché anche noi aneliamo a questo grande traguardo indicatoci dallo stesso Padre Celeste: “Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo” (Lv 19,2). “Amen. Maranatha. La grazia del Signore Gesù sia con tutti voi. Amen!” (Ap 22,20).

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