Ricordo di… 
                    MONS. VINCENZO FREZZA 
                    Buon samaritano per le vie di Barletta 
                 Il 23 aprile, “domenica in albis”,
                  all’età di 95 anni, con alle spalle 71 anni circa
                  di sacerdozio, rendeva la sua bell’anima a Dio, il sacerdote
                  barlettano mons. Vincenzo Frezza. 
                  Egli crebbe fin dalla più tenera età nell’Oratorio
                  S. Filippo Neri della parrocchia di S. Giacomo Maggiore, all’ombra
                  del Servo di Dio mons. Angelo Raffaele Dimiccoli, e il 14 ottobre
                  1923 nella medesima chiesa parrocchiale indossò l’abito
                  talare con il piccolo cugino Francesco Spinazzola e il giovane
                  Giuseppe Dimatteo, per poi entrare, per gli studi ginnasiali,
                  presso il Seminario Interdiocesano di Bisceglie. Proseguì gli
                  studi di filosofia e teologia nel Pontificio Seminario Regionale
                  di Molfetta e nel 1935, il 26 luglio, nel giorno onomastico
                  della sua adorata madre Anna Spinazzola, fu ordinato sacerdote
                  nella parrocchia di Sant’Agostino. Qui fu destinato viceparroco
                  restandovi fino al luglio 1951 in esemplare unione di azione
                  e di pensiero con il parroco don Peppino Di Matteo che, nel
                  corso degli anni a venire, rimase per lui, dopo Mons. Dimiccoli,
                  un costante punto di riferimento. Contemporaneamente fu cappellano
                  dell’Ospedale Civile di Barletta, dove imparò ad
                  amare e a servire i malati e i sofferenti, passione che lo
                  ha caratterizzato fino a qualche anno prima di morire, fin
                  quando le forze glielo hanno permesso. Quotidianamente, dopo
                  la Santa Messa mattutina, si vedeva questo venerando sacerdote
                  passare per le vie della parrocchia con l’immancabile
                  cotta e stola, nell’atto di portare la Comunione ai malati
                  e agli anziani. Diceva: “Se tutti i giorni abbiamo bisogno
                  di nutrire il nostro corpo per tenerci in vita, tanto più questo
                  vale per la nostra anima, specie quando si è nella sofferenza.
                  Gesù è il nostro più grande conforto”.
                  La sua attenzione verso i malati la notiamo anche nel fatto
                  che è stato fondatore della Sezione Unitalsi di Barletta. 
                  Tra i vari incarichi ricoperti è stato per un breve
                  periodo viceparroco di San Giacomo, sua parrocchia d’origine,
                  e per un anno ha supplito mons. Gaetano Nasca come Rettore
                  del Seminario di Bisceglie e per lunghissimi anni direttore
                  dell’Ufficio Missionario per l’Arcidiocesi Nazarena
                  di Barletta. 
                  Nel luglio 1951 passò a San Benedetto, prima come viceparroco
                  e stretto collaboratore del santo fondatore di quella parrocchia,
                  don Antonio Casardi; poi dal 1965 come parroco, incarico mantenuto
                  fino al 30 giugno 1990, quando rimise il suo mandato “come
                  sempre, all’obbedienza da me promessa all’arcivescovo
                  mons. Giuseppe Maria Leo nel giorno felice della mia Ordinazione
                  Sacerdotale” (dalla lettera di dimissioni scritta all’arcivescovo
                  mons. Giuseppe Carata allo scadere dei suoi 75 anni, il 26
                  ottobre 1986). 
                  Ha trascorso questi ultimi sedici anni fecondamente, collaborando
                  con il nuovo parroco di S. Benedetto don Angelo Dipasquale,
                  suo discepolo, spendendosi per le confessioni. Ricordiamo don
                  Vincenzo con la corona del Rosario tra le mani, sempre pronto
                  a dare un consiglio e a consegnarti una buona parola. Restano
                  famose le sue massime che dispensava a chiunque, anche per
                  strada. È stato apostolo delle vocazioni. Grazie al
                  suo zelo e alla sua testimonianza, San Benedetto è stata
                  vivaio di vocazioni sacerdotali, sulla linea d’onda del
                  vecchio padre spirituale il Servo di Dio mons. Dimiccoli, sulla
                  cui santità di vita depose il 20 giugno 1996, durante
                  la Causa di Canonizzazione nella XXIV sessione. Avrebbe dovuto
                  deporre anche al Processo di Beatificazione e Canonizzazione
                  del suo amico di Oratorio, il Servo di Dio don Ruggero Caputo,
                  se sorella morte non lo avesse chiamato a vita migliore per
                  ricevere il meritato premio eterno. 
                Ricordiamolo nella preghiera. 
                Sac. Sabino Lattanzio 
                  suo estimatore  |