Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie  
Dio e i Fratelli
Periodico di informazione sulla Causa di Canonizzazione del Servo di Dio sac. Raffaele Dimiccoli
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Barletta, 20/10/1954. Don Raffaele raccoglie ai piedi della “Madonna Pellegrina” i membri della famiglia Dadduzio, (a fianco del Servo di Dio è seduta la sorella Maria).
La famiglia: un bene da salvaguardare!
Rovistando tra la documentazione di archivio della “Postulazione mons. Dimiccoli”, prendo tra le mani la seguente testimonianza - che pubblico volentieri - circa il contributo dato da don Raffaele Dimiccoli nel formare famiglie secondo il cuore di Dio. Per il Servo di Dio “la famiglia era una realtà molto sacra da difendere e da sostenere”, afferma la signora Carmela Cuccorese. E noi siamo convinti che la salvaguardia della famiglia è la migliore garanzia per elevare e conservare la qualità della vita e della società.
Grazie, Suor Vittorina, per questa bella riflessione che ci hai consegnato. Siamo sicuri che dal silenzio della Clausura di Alatri continuerai ad offrire la tua preghiera e il tuo sacrificio per il bene delle famiglie e dei fratelli.

In questa epoca così triste per le famiglie sento il dovere, sebbene povera monaca imperfetta e di poca istruzione, di testimoniare sulla figura, tanto singolare, dell’uomo di Dio, don Raffaele Dimiccoli. Egli, con la santità della sua vita e con la sana dottrina, ha costruito le famiglie sulla fede, incamminandole alla sequela di Cristo.
Di esemplare famiglia sono stati i miei cugini, formati dal Direttore don Raffaele. Essi ormai sono passati a miglior vita e a me piace mettere in vista la loro vita intemerata, quale frutto della sapiente guida, don Raffaele, e dell’insieme di quelle virtù che ornavano la Sua vita, per mezzo della Sua intimità con Cristo.
Da giovane sacerdote, don Raffaele si prese cura dei miei cinque cugini, rimasti presto orfani di padre. Essi furono battezzati in S. Giacomo da Lui, e li seguì sino all’età matura, allontanandoli dalle insidie giovanili. In quella famiglia aleggiava lo Spirito Santo e il nome di don Raffaele, al quale si deve l’esercizio e il compimento delle loro virtù cristiane.

La zia, vedova Maria Tupputi, donna di integra fede, aveva cuore di mamma e testa di padre, fino ad assegnare ai cinque figli l’ora del rientro in casa. Quando alle 21 Peppino non ritornava, la madre era pronta con fermezza ad ammonirlo. Antonietta, la prima delle due figlie, una sera, dopo la lezione data ai fanciulli, essendo delegata di Azione Cattolica, e notando che poco mancava per la benedizione Eucaristica, poiché l’ora del rientro era giunta, preferì uscire di chiesa per ubbidire a sua madre. Mi giungevano spesso sue lettere in monastero, dandomi notizie sui nipotini, con l’accorata espressione: “Saranno gli uomini che formeranno la società futura”. Ora sono veramente bravi! Il Direttore Don Raffaele amava tanto i giovani, e anche questi ricambiavano amore per amore, fino a proteggerlo dall’aggressività fascista. Alcuni dei superstiti sapranno con precisione di tale tragedia; io, da ragazza ne sentivo parlare (trattasi dell’attentato all’Oratorio e alla persona del Servo di Dio, perpetrato da parte dei fascisti nel maggio 1931).
Don Raffaele attingeva dall’Eucaristia santità, buon senso, equilibrio, discrezione perché dava il primato a Dio, mettendo tutto il tempo possibile nella celebrazione e nel ringraziamento della S. Messa. Nelle celebrazioni di culto era dignitoso; nel confessionale era a disposizione delle anime come se in quel momento ci fosse una sola anima al mondo. Ora mi piace ritornare in quella casa dei miei cugini, con questi episodi. Erano un cuore solo e un’anima sola. Tutti rispettavano e amavano la loro madre con casto affetto. È opportuno dire che in quella casa oltre al timore di Dio regnava anche l’ordine: le donne facevano a turno nelle faccende domestiche e nel cucinare senza entrare in conflitto tra di loro.
Ricordo che mio padre dalla visita alle sue nipoti ritornava in famiglia entusiasta. Quando i giovani nipoti lo incontravano per via l’avvicinavano con riverenza, vedendo nello zio il proprio padre.
Personalmente mi sento orgogliosa dei miei cugini. Le mie Consorelle me li additano come esempi di vita onesta e sottomessa alla Maestà di Dio. L’autenticità, dunque, di questa famiglia l’attribuiscono allo zelo, alla bontà e carità del caro Don Raffaele.
Possano le famiglie odierne, specie quelle più in difficoltà, uniformarsi a questo stile, camminare sui passi del Vangelo. Solo così troveranno la pace e l’unità voluta da Gesù. È l’accorata supplica che notte e giorno, da anime consacrate, innalziamo a Dio nella preghiera. La Madonna, regina di ogni famiglia, sia mamma per ogni suo membro.
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