Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie  
Dio e i Fratelli
Periodico di informazione sulla Causa di Canonizzazione del Servo di Dio sac. Raffaele Dimiccoli
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Ricordando mons. Giuseppe Di Matteo
alter ego del Servo di Dio mons. Raffaele Dimiccoli


Il 19 febbraio, alle ore 2,45, tra il mercoledì e giovedì - all’incirca alla stessa ora e nello stesso giorno della settimana in cui spirò il Servo di Dio mons. Dimiccoli, suo inseparabile maestro - è andato incontro al Signore mons. Giuseppe Di Matteo, alla venerabile età di 98 anni.
Cresciuto e formato fin dall’età di sette anni all’ombra di don Raffaele Dimiccoli nell’Oratorio San Filippo Neri della Parrocchia di S. Giacomo Maggiore, dove fu elevato al fonte battesimale il 3 giugno 1906, lì cominciò a distinguersi per senso di responsabilità e per la pietà. Scriverà don Dimiccoli nel settembre 1923 nel presentare il diciassettenne Di Matteo al Seminario Regionale di Molfetta: “Il sottoscritto dichiara che il giovane Di Matteo Giuseppe è dotato di buone qualità religiose e civili: virtù che si sono sviluppate nell’Oratorio S. Filippo Neri sia come semplice inscritto, sia come prefetto nel tempo di otto anni. Il sullodato giovane da qualche anno si avvicina quotidianamente alla S. Comunione dando, con questo, esempio e stimolo al bene ai suoi amici. Di indole allegra ma ubbidiente, parla poco, distaccato dagli attillamenti e dalle feste troppo chiassose”.
Tutte queste qualità individuate dal caro “Direttore”, don Peppino le ha mantenute e incrementate anche nei suoi 74 anni di sacerdozio, trascorsi in qualità di viceparroco in S. Agostino, dall’anno in cui fu ordinato da mons. Leo (1930), di parroco (dal 1942 al 1973) e anche quando assunse l’incarico di Vicario Generale dell’Arcidiocesi Nazarena di Barletta (1973-1981), affiancando in tutto mons. Giuseppe Carata.
Fino a quando le forze glielo hanno permesso ha continuato ad operare nella sua ormai inseparabile parrocchia di S. Agostino in un servizio umile, nascosto e fattivo, sempre sostenuto da un sano e contagioso ottimismo. Chi potrà dimenticare il suo diuturno lavoro per le confessioni e lo zelo profuso a favore degli ammalati della Parrocchia e dell’attiguo Ospedale Civile? Sia da Vicario Generale, da Parroco e da umile coadiutore si è distinto per quella grande voglia di spendersi per il regno di Dio, collaborando e lasciandosi collaborare, dando spazio a tutti. E di questo ce ne hanno dato larga testimonianza don Vincenzo Frezza, viceparroco dal 1935 al 1951, e don Michele Morelli, viceparroco dal 1951 e suo successore dal 1973. Anche quando, per ragioni di salute, in questi ultimi sei anni è stato costretto a ritirarsi in casa non si è mai sottratto, per quanto possibile, dal continuare ad ascoltare giovani e adulti nel sacramento della Riconciliazione, e la sua parola saggia, misurata e prudente è stata sempre ricercata.
Alla scuola di don Raffaele Dimiccoli, che fin dall’infanzia gli ispirò “ogni ammirazione, confidenza, venerazione, sottomissione per quell’amore che infondeva in tutti, piccoli e grandi”, anche il nostro don Peppino si è conquistato la stima e la venerazione del popolo di Dio che, pur piangendo la sua perdita in terra si è consolato nel saperlo in cielo intercessore presso Dio!
Per comprendere meglio la statura umana, morale e spirituale di don Peppino riporto alcune sue confidenze da me raccolte nel novembre 1998 durante una visita fatta presso la sua abitazione. E’ il suo testamento spirituale!
“L’adulto deve sempre dare spazio ai giovani, piena fiducia, lasciar fare. Farli agire in piena libertà, secondo il loro punto di vista e non ostacolarli, anche quando questi sbagliano, per non tarpare loro le ali. E, soprattutto, l’adulto deve avere piacere di quello che i giovani fanno, godere del loro operato, perché si sentano incoraggiati. Anche se la nostra mentalità è mille miglia distante dalla loro, occorre sempre incoraggiarli, altrimenti tutto diventa stantio. La mentalità, i modi di fare e di essere si evolvono continuamente, e questo lo vediamo specie nella nostra epoca. Inoltre dobbiamo partire dalla convinzione che gli altri non possono agire con il nostro cervello: ognuno è se stesso.
Bisogna rispettare la persona altrui. Questa lezione io l’ho imparata dal mio vecchio parroco, don Michelino Dimiccoli, il quale avutomi viceparroco in Sant’Agostino subito ebbe fiducia in me, mettendo ogni iniziativa nelle mie mani e gioendo del bene che facevo, apprezzandomi davanti alla Comunità parrocchiale. Questo comportamento ci renderà accetti davanti ai fedeli, i quali ci vorranno più bene.
La mia vita è piena di ricordi belli. Grazie a Dio, nella vecchiaia solo questi mi vengono in mente; come il rivedermi bambino, seduto sulle ginocchia di don Raffaele Dimiccoli, mio Direttore in San Giacomo. Ora che sono anziano, nel celebrare la santa Messa e nel recitare l’Ufficio Divino, con più frequenza la mente ritorna ai miei begli anni d’infanzia e dell’adolescenza, quando servivo Messa al Direttore o recitavo con lui alcune parti del Breviario, e il mio fervore va aumentando.
Come vedi, mi ricordo solo il bene, anche perché devo confessare che non ho mai avuto momenti particolarmente difficili, né contrarietà. Le uniche ore tristi che ricordo sono i decessi dei miei cari, soprattutto la morte istantanea e improvvisa del mio caro padre, deceduto tre anni prima della mia ordinazione sacerdotale a causa di una caduta da un albero, mentre stava lavorando in campagna”.

Grazie, don Peppino, per il tuo sguardo limpido, sereno e sorridente di bambino che hai sempre conservato. Grazie per quel fervore inalterato che hai custodito nella preghiera, specie quella offerta e sofferta di questi ultimi anni di vita. Grazie, per quel “grazie” continuo che hai saputo consegnare a chiunque veniva a farti visita o a chi ti prestava un servizio.
Continua a volerci bene, ad interessarti di tutti così come hai sempre fatto, offrendo la tua “vita per il bene della nostra Archidiocesi e per il suo Clero”. Il Signore ti ricompensi!

Sac. Sabino Lattanzio

Sito a cura della Commissione Cultura e Comunicazioni Sociali dell'Arcidiocesi.
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